sabato 21 gennaio 2012

Roberto Croci e Napoli


Ancora un altro alienato si lancia in insulti gratuiti alla città di Napoli. Dopo Bocca, Cruciani ecco che tale Roberto Croci, giornalettista di Vogue, per chissà quali reconditi meriti, in commento ad una affermazione dei fratelli Coen, arricchisce lo stupidario di cui è manutengolo, con una sua personalissima “ndr” (nonsenso del ritardato). Ecco cosa scrive:
Città preferita: "Napoli. Siamo rimasti affascinati dal calore della gente, dalla vita di strada. Sembrava di essere tornati indietro al tempo di Ladri di biciclette e I soliti ignoti. Che casino, però! Traffico, gente che correva ovunque. Non sapevamo che agli italiani piacesse il fitness". (Vagli a spiegare che forse si trattava di scippi, ndr).
Purtroppo, nella fregola di portarci via quanto più è possibile, ci hanno portato via anche i primati dell’illegalità e dei reati, relegando Napoli nel basso di una classifica che vede ai primi posti la produttiva Milano, Pavia, Torino, Cuneo etc. Ma, diciamoci la verità, un Croci qualunque che ne può sapere di statistiche, numeri e cose che impegnino la mente? Chiedetegli che taglia di slip porta Clooney e qual è la sua marca preferita e forse vi risponderà, forse. Ma l’ordine impartito a prezzolati e scendiletto è “Luoghi comuni uber alles”. Ora non sto qui a snocciolare dati e percentuali né sondaggi, molti lo hanno già fatto. No, voglio solo che ogni meridionale venga a conoscenza di mistificazioni artatamente costruite in nome di una sventolata, quanto falsa, rassegna di luoghi comuni e di una dissacrazione della verità storica. Mentre molti si riempiono la bocca in nome di un’etnia celtica – italiota, mai esistita, se non nelle fantasie di avventori avvinazzati frequentatori di maleodoranti osterie valbrembane. Io affermo, senza tema d’essere smentito, una coscienza etnica che discende di quasi mille anni. Fin dal 1198, anno in cui lo Stupor mundi Federico II di Hohenstaufen si insediò nella vera Italia cioè il meridione. Ma cosa ne può saper il giornalettista Croci? Parafrasando Cetto Laqualunque: una beta minchia!
Vorrei sfidare il Croci a duello, con arco e frecce. Ma non frecce vere, bensì quelle con ventose, quelle che si umettano con saliva, colpirlo sulla fronte con effetti sonori speciali: PRRRRRRRRRRRRRRRRR!

Quarto Flegreo secondo Lamberti


In questi giorni mi è capitato tra le mani un articolo del professor Amato Lamberti, dal titolo “QUARTO FLEGREO: LA MINIERA D’ORO DELLA CAMORRA”, pubblicato sul sito Ilmediano.it. In questo articolo il prof. Lamberti traccia, di Quarto Flegreo, un quadro a tinte fosche, giusto per usare un eufemismo. Solo l’incipit è un condensato di falsità e disinformazione. Eccolo: “Questo lembo di terra è arrivato a 40mila abitanti in pochi anni, frutto di una cinica speculazione edilizia. Tanti sono i giovani, che in un blog hanno scritto le 10 ragioni per non comprare casa a Quarto”. Quarto ha rappresentato, fin dagli anni ottanta, un polmone di sfogo per la città di Napoli e per i napoletani. E’ risaputo che, in tutto il mondo, le grandi metropoli fagocitano l’hinterland e questo è accaduto anche alla cintura urbana del capoluogo campano. In questo modo è nata Pianura ed i suoi mille palazzi ed in questo modo sono esplose Qualiano, Monteruscello, Marano, Quarto e tantissimi altri comuni. In particolare, a Quarto, si è assistito alla nascita di molti parchi ben urbanizzati e, nonostante quello che scrive Lamberti, a tutt’oggi non ci sono stati crolli né cedimenti. In secondo luogo a Lamberti sfugge, in quanto disinformato ed approssimativo, che“i tanti giovani che in un blog hanno scritto le 10 ragioni” sono solamente 4 o 5 e forse anche di meno e non è dato sapere se siano o meno giovani. Che dire, poi, delle 10 ragioni? Un bestiario scurrile che avrebbe fatto sorridere qualunque uomo con un minimo d’intelligenza, ma non l’erudito professor Lamberti. Il sociologo piemontese da un’idea di Quarto intesa come terra di camorra. Potremmo esser d’accordo con lui ma solo nella misura in cui, a Quarto, si aggiungano anche la maggioranza degli altri 91 comuni della provincia napoletana. E’ bene precisare per alcuni e ricordare per altri che a Quarto non ci sono né mattanze né faide. Camorra? Sì, ma ripeto, né più né meno che dovunque nell’hinterland napoletano. Ma, il sociologo Lamberti ci va giù tanto pesante quanto disinformato e lesivo nei confronti di alcuni cittadini di Quarto. Riporta il professore (forse dalla stessa fonte delle 10 ragioni) che “Il 10 aprile del 1992 il Consiglio Comunale di Quarto viene sciolto perché “presenta fenomeni di infiltrazione della criminalità organizzata…in quanto sono emersi inequivocabili elementi di collegamenti diretti e indiretti di taluni amministratori del Comune di Quarto con la criminalità organizzata e forme di condizionamento degli amministratori stessi…ad opera della potente organizzazione camorristica facente capo al noto Lorenzo Nuvoletta e al suo sicario Mattia Simeoli, già condannati per associazione mafiosa e che la criminalità organizzata ha finalizzato negli ultimi anni i propri interventi nel settore dell’edilizia”. Ma il Lamberti è uomo d’onore e fa anche nomi e cognomi degli arrestati: “…il giudice delle indagini preliminari emette ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del sindaco Di Falco Francesco, degli assessori Russolillo Enrico, Salatiello Pasquale, Apa Leopoldo, nonché dei consiglieri comunali Giaccio Carlo Mario, De Fenza Giacomo, Carandente Sicco Giovanni, Catuogno Francesco, per i reati di associazione a delinquere e di abuso in atti di ufficio. Nei confronti dell’assessore Russolillo Enrico viene contestato anche il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, in quanto “risulta essere il principale protagonista delle iniziative relative al programma di speculazione edilizia attuato dall’amministrazione in carica”. Qualcuno potrebbe opinare che non c’è nulla di male, che è solo un riportare notizie di cronaca, certamente ma esiste anche il sacrosanto dovere di precisare contestualmente che tutti gli arrestati furono assolti con formula piena ed indennizzati per l’ingiusta detenzione. Ma Lamberti su questo glissa e tace. Malafede? Non lo sappiamo, sappiamo solo che questo modo di procedere rappresenta un uso criminoso dei mezzi d’informazione. Indefessamente, il Lamberti, infierisce ancora: “A parte la provocazione da parte dei giovani (sempre quei 4 o 5 del blog), che sicuramente avrà fatto imbestialire un sacco di gente, viene fuori un quadro sconsolante di una città che ben merita il nome di “Camorra City” affibbiatogli dai giovani e ripreso dalla stampa locale e nazionale. Speculazione edilizia e qualità della vita non vanno mai d’accordo. Così come non vanno d’accordo camorra e sviluppo civile”. Camorra City! Un’offesa per gli oltre 40.000 abitanti di Quarto che pesa come un macigno sul sociologo Lamberti. La cittadina di Quarto Flegreo è composta da un gran numero di persone che diuturnamente si recano al lavoro e di giovani studenti di scuole superiori o università. Etichettare questa gente come abitanti di “Camorra City” è falso e disonorevole. Ma questo poco importa al Lamberti tanto immedesimato in uno schiacciasassi. Nessuno nega che ci sia un’organizzazione malavitosa che tende la sua longa manu sul paese, ma viene combattuta e, come dimostrano le cronache recenti, decimata dalle forze dell’ordine presenti sul territorio. I luoghi comuni, a cui Amato Lamberti si approvvigiona a piene mani, vanno sfatati. Le numerosissime sale scommesse, a cui fa riferimento, i centri benessere, i bar, paninoteche, sportelli bancari sono una pura invenzione dettata sicuramente da una fonte viziata ed inattendibile. Così come deleteria, disinformata ed esiziale è la sua chiosa: “altissima anche la percentuale di furti, rapine, aggressioni che a volte sconfinano in ferimenti e uccisioni. La qualità della vita è pessima e i rischi per la salute, a causa dei rifiuti tossici seppelliti e tombati sotto le case e i palazzi, a partire dalle neoplasie, sono elevatissimi, come testimoniano molte ricerche epidemiologiche”. Bravo Lamberti, complimenti! 

Un Cruciani qualunque



La zanzara è un animale fastidioso, immondo e portatore di gravi malattie. Omen nomen, lo è anche la trasmissioni di Radio24 condotta da tale Cruciani Giuseppe (coadiuvato da un ridanciano clown), saccentissimo conoscitore di storia ed in particolare di storia del meridione. Ora chi, schermandosi dietro un microfono e con lo scudo dell’etere si lascia andare ad espressioni del tipo “mi faccia il piacere” o  “chiamiamo le ambulanze”   evidenzia la più completa latitanza di argomenti ed uno sputtanato appartenere, a prescindere,  ad un revisionismo confusionale, approssimativo e delirante. Chi è al servizio del pubblico non può fare dello stesso un uso a suo consumo ed appartenenza di parte. La zanzara Cruciani mi ricorda tanto William Ewart Gladstone (ma Cruciani sa chi è o chiamerà i pompieri questa volta?) che strombazzava a mo’ di araldo notizie a lui completamente sconosciute e figlie della sua fantasia o di altrui imbeccate. Le differenze economiche tra il Regno delle due Sicilie ed il resto della penisola italica (Sardegna compresa) erano abissali e note a tutti, ora come allora. I cantieri Navali e le industri borboniche erano le terze al mondo, gli scambi commerciali con il resto del mondo erano all’avanguardia. Fin dal 1777 Napoli intratteneva rapporti commerciali con l’Europa intera ed in modo particolare con la Russia[1]. Le pecore e le capre ed i rapporti contro natura le avevamo lasciate ai figli della celtica Italia.Nel mentre il Regno ed il suo popolo attendevano “trepidanti” d’essere martirizzati, violentati e macellati dal sardo-piemontese e dall’assassino Cialdini, l’Europa intellettuale si riuniva nei salotti napoletani, non certo in quelli della Val Brembana o nei mulini del Po. Non costa nulla leggere la storia con occhi asettici e seri, si risparmiano brutte figure e si rende onore a tanti martiri periti per mano piemontese, Fenestrelle docet. Ma a Cruciani “non gliene frega assolutamente nulla di parlare della tradizione storica delle Due Sicilie…” ed allora perché non va a fare l’aiuto shampista in un Coiffeur? Irriverente e prosaico, non si taccia di stupidaggine chi dialoga con educazione e moderazione.


[1] Chaiers internationaux d’histoire economique et sociale, Droz, Genève

martedì 17 gennaio 2012


Ecco la mia risposta, pubblicata in rete e su alcuni periodici, al delirio senescente di Giorgio Bocca nella trasmissione di Fazio.

BOCCA…ccia mia statti zitta…
Ogni volta che si parla di Napoli, nel bene o nel male (ma molto spesso nel male, è trendy) il cronista del momento, forse eccitato dal ruolo di pseudo storico che si arroga, commette macroscopici errori. Io credo che un giornalista debba prima accertare la veridicità delle notizie che propina al pubblico. Non è importante che la sostanza sia “quella”; è importante che tutto sia armonico e veritiero. Voglio parlare di un certo signore che si chiama Giorgio Bocca, il quale afferma, da ”grande giornalista" che Napoli è “decomposta da migliaia di anni...non da oggi, in balia della "plebe", del malcostume e della corruzione a quanto pare impossibili da sconfiggere ed estesi alla maggioranza della popolazione”. Il signor Bocca si lascia andare a sconnesse affermazioni, più da alienato che da giornalista, del tipo “Beh i leghisti dicevano forza Etna, forza Vesuvio"; fino ad arrivare all’apoteosi, e cioè “Nascere a Napoli è un'immensa sfortuna...niente è cambiato rispetto a 20 anni e nulla cambierà”.
No, non voglio parlare di questo, di merda ce n’è già abbastanza, ci manca solo il Bocca di turno… Non c’interessa chi aderisce al manifesto per la razza, o faceva il littoriale, oggi strumentalmente sconfessato:
Voglio parlare di chi mente sapendo di mentire e di chi sa cosa dire (o dovrebbe saperlo; altrimenti ha sbagliato mestiere) ma non lo dice perché non gli conviene. A mio modesto AVVISO, io che non sono uno storico né UN GIORNALISTA, ma sicuramente una persona SERIA, credo che il cuneese (che dovrebbe avere una cultura che va al di la della quinta elementare), al fine di mascherare sentimenti negativi, razzisti e vergognosi nei confronti non solo della città di Napoli, ma anche della Campania e dell'intero mezzogiorno, spara puttanate a più non posso. Ma Giorgio Bocca è uomo d’onore e - non contento del veleno di cui è intriso il suo libro “Napoli siamo noi” - torna a sparare a zero su Napoli ed i napoletani. Nella trasmissione televisiva “Che tempo fa”, condotta da Fabio Fazio, lo storico leghista vomita accuse di camorra, di corruzione e di malcostume sulla gente partenopea, ma poi allarga il campo alla Campania ed al Sud tutto. Per il 90enne Bocca, Napoli è una città decomposta da migliaia di anni. Ecco la mistificazione. Qualunque storico (ma anche semplice studente) sabenissimo cos’era la città di Napoli... e non dico migliaia di anni fa... ma appena 300, quando la corte borbonica era invasa da artisti, uomini di lettere e giuristi. Senza voler scomodare la corte e le opere di Federico II, lo “Stupor Mundi” che nel 1224 fondò a Napoli il primo ateneo realmente laico e di Stato... e che attirò docenti e discepoli da ogni parte d’Europa. Diamo uno sguardo ai 150 anni di governo borbonico: Napoli capitale del regno, era una delle città più popolate del mondo, rappresentava un rigoglioso centro di scambi commerciali; mentre in Lombardia e Piemonte rifioriva la pastorizia, a Napoli si suonava il violino e le nostre abluzioni avvenivano in case dotate di sanitari, laddove i “valorosi” giussanesi si recavano, alla stregua dei paria, al fiume (se c’era, altrimenti… foglie per pulirsi e radici per cibarsi). A Napoli la prima ferrovia italiana, il primo orto botanico, le prime fogne ed il primo cimitero dei poveri, quello detto delle “366 fosse”. La città di Napoli si relazionava con l’Europa intera, basta dare un’occhiata all’enorme volume di scambi commerciali con la Russia tra il 1777 ed il 1815, per avere un’idea della politica commerciale ed industriale del Regno di Napoli. La città di Napoli, con il suo porto, risultava essere un centro commerciale tra i più attivi dell’intero bacino mediterraneo, calamitando l’attenzione di banchieri e mercanti europei. Quando l’invasore piemontese (corregionale del Bocca) entrò nel regno, trovò uno stato ricco, organizzato ed avanzato, sia sotto l’aspetto commerciale, industriale e tecnologico. Sotto l’aspetto artistico possedeva un patrimonio invidiato da tutto il mondo. Ma Giorgio Bocca, che è uomo d’onore, ci dice che era, ed è, una città decomposta. Sarà forse la sua memoria di ultra-novantenne ad essere decomposta. Le strade, le ferrovie e le infrastrutture, nonché le industrie, del Regno di Napoli erano forse figlie di una città decomposta? Certo che NO! Ad essere decomposta e criminale fu l’azione piemontese che depredò il regno delle sue ricchezze (Banco di Napoli docet), spostando i centri di potere e di produzione al nord e lasciando al sud il solo compito del consumo. Ma Giorgio Bocca è uomo d’onore e queste cose le sa, però le mistifica, le stravolge, al solo fine di mascherare sentimenti di atavica avversione alla gens partenopea e, soprattutto, mascherare i suoi sentimenti di adepto di quei leghisti che adorano il dio “Po” e inventano liturgie degne del teatro di “Donna Peppa”. Camorra, malaffare, corruzione, certamente che ci sono, oggi, ma chi l’alimenta, chi  se se ne abusa? I rifiuti tossici sono qui, ma chi li manda? La parola d’ordine è una sola: NORD!. L'evento editoriale di Bocca è vecchio, ormai, ma vale la pena ricordarsene e soprattutto ricordarlo a quelli che si stanno lanciando nella competizione elettorale, visto che i loro precursori hanno incoscientemente ignorato e che addirittura i Gesuiti di Napoli, dimentichi degli Annali di Civiltà Cattolica, sostennero... Raffaele La Capria definì Bocca "troppo sprofondato nella mentalità piccolo settentrionale"; qualcun altro lo paragonò ad "una vecchia sciarpa littoria carica di nostalgie"; io non sono tanto importante per definirlo in un qualche modo ma mi sento di dedicargli una sonora pernacchia di eduardiana memoria.

                                                                                       Alessandro Pellino