Dopo la disfatta di Gaeta, conclusasi il 14 febbraio 1861 alle otto di
mattina, cominciarono gli arresti e le deportazioni dei soldati borbonici e dei
civili fedeli a Francesco II di Borbone, esiliato prima a Roma, poi a Parigi ed
infine ad Arco, in Trentino, dove morì il 27 dicembre del 1894. Migliaia di
uomini furono messi ai ferri e stipati in navi verso Genova. Molti di loro
percorsero il tragitto a piedi fino alla città ligure, dove furono smistati nei
vari campi di concentramento. Oltre al forte di Fenestrelle se ne allestirono
ad Alessandria, nel forte di S. Benigno a Genova, Milano, Bergamo, S. Maurizio Canavese,
a Savona nel forte di Priamar, a Parma, Modena e Bologna. Il generale Enrico
Cialdini, modenese di nascita, fu nominato coordinatore della custodia dei
deportati meridionali, e ne fu l’esecutore materiale su mandato del governo
piemontese. Il vero martirio lo subirono gli oltre 40.000 deportati a
Fenestrelle. Il regno sabaudo dopo l’unione d’Italia, nell’VIII legislatura,
guidata dal bolognese Marco Minghetti, in data 15 agosto 1863 promulgò la legge nº 1409, “Procedura
per la repressione del brigantaggio e dei camorristi nelle Provincie infette,
VIII legislatura, Regno d'Italia”, meglio conosciuta come Legge Pica, dal nome
del suo estensore, l’aquilano Giuseppe Pica. Questa legge si articola su cinque
articoli fondamentali, che di seguito sono enunciati.
1° Fino al 31 dicembre nelle
provincie infestate dal brigantaggio, e che tali saranno dichiarate con decreto
reale, i componenti comitiva, o banda armata composta almeno di tre persone, la
quale vada scorrendo le pubbliche strade o le campagne per commettere crimini o
delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai tribunali militari;
2° I colpevoli del reato di
brigantaggio, i quali armata mano oppongono resistenza alla forza pubblica,
saranno puniti con la fucilazione;
3° Sarà accordata a coloro
che si sono già costituiti, o si costituiranno volontariamente nel termine di
un mese dalla pubblicazione della presente legge, la diminuzione da uno a tre
gradi di pena;
4° Il Governo avrà inoltre
facoltà di assegnare, per un tempo non maggiore di un anno, un domicilio coatto
agli oziosi, ai vagabondi, alle persone sospette, secondo la designazione del
Codice penale, e ai manutengoli e camorristi;
5° In aumento dell'articolo
95 del bilancio approvato nel 1863 è aperto al Ministero dell'interno il
credito di un milione di lire per sopperire alle spese di repressione del
brigantaggio.
A questo punto resta da
stabilire chi era connotato come brigante dal governo centrale neo costituito
dell’epoca. Il cavillo della questione si può individuare al 4° articolo della
legge, dove anche chi si macchiava del “delitto” di vagabondaggio (il
vagabondaggio era consuetudine, vista la situazione in cui era stato ridotto il
meridione dopo l’unione d’Italia) o addirittura chi era ozioso (sempre per la
stessa ragione, molti erano costretti a oziare per la mancanza di occupazione)
veniva inviato al domicilio coatto.
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Panorama della fortezza di Fenestrelle. |
Mette conto, a questo punto,
dare vita ad una piccola digressione per soffermarci sul Forte di Fenestrelle. La
fortezza di Fenestrelle è la più grande struttura fortificata d’Europa, tanto
enorme da essere chiamata “la grande muraglia piemontese”. Un’opera faraonica, voluta da Vittorio Amedeo
II per difendere il Piemonte dagli attacchi dei francesi, la costruzione del
forte ebbe inizio nel 1728 e fu terminata nel 1850, dopo oltre 122. La sua estensione va dalla sommità della
montagna per concludersi, in pratica, a fondo valle, nel 1850. Posta a più di
2.000 metri d’altezza e composta da tre forti:
San Carlo, Tre Denti e delle Valli. Queste costruzioni sono unite da 2 scale. La prima, composta da
4.000 gradini, è interamente coperta e scavata in galleria artificiale. La
seconda, detta “scala reale” è interamente all’aperto ed è composta da 2.550
gradini e lunga 2 chilometri, voluta da Carlo Emanuele III. La Scala Reale sale
per circa 3 chilometri lungo il fianco della montagna in val Chisone, con un
dislivello di 635 metri e copre un’area di 1.300.000 metri quadri. Insistono a
Fenestrelle vasche per la calce viva, una di queste è posta alle spalle della
chiesa del forte, seminascosta e fuori dai percorsi che generalmente si fanno compiere
ai turisti in visita. Vasche testimoni di inaudite sofferenze patite dai
soldati borbonici. Questi uomini, figli di una terra teatro d’incontro di
culture normanne, sveve, angioine ed aragonesi, andavano al massacro, a guisa
di masochistici schiavi, in terre straniere dove venivano disprezzati ed
evitati come le peggiori bestie, come reietti indegni di esistere. Questo
marchio indelebile è ancora tatuato sulla nostra pelle, così come avvenne un
secolo dopo con la martoriata popolazione ebraica. Arbeit macht frei ( il
lavoro rende liberi), questo era l’ironico messaggio che accoglieva i deportati nei campi di concentramento
nazisti durante la seconda guerra mondiale, mentre i fascisti scrissero a
Fenestrelle: “Ognuno vale non in quanto è ma in quanto produce”. In questi
luoghi, ostici quanto mai per le genti meridionali a causa del freddo e di
com’erano tenuti in prigionia dall’esercito piemontese, gli uomini erano
trattati come bestie e privanti anche
degli stracci che indossavano per fare in modo che soffrissero ancora di più il
clima rigido invernale. Non andava meglio nelle sere d’estate, quando l’aria
risultava pungente per l’altitudine e penetrava in celle di detenzione private
delle finestre. Ai prigionieri, privati del cibo e della pur minima assistenza
medica, fu riservato un triste e tragico destino: morirono in circa 40.000.
Generalmente, in quelle condizioni disumane, non riuscivano a sopravvivere più
di tre mesi e quello che non poté la privazione lo fecero le famigerate vasche
di calce viva, dove furono sciolti i morti e i corpi ancora vivi dei
sopravvissuti. La carneficina non durò un breve lasso di tempo, ma si protrasse
per anni; dall’archivio storico del ministero degli esteri sono stati ritrovati
carteggi di una richiesta del 1869, da parte del governo italiano per
l’acquisto di un’isola argentina per relegarvi i soldati napoletani, all’epoca
ancora detenuti, il che, lascia intendere, il loro numero fosse ancora
rilevante. Fine digressione.
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Piantina della fortezza di Fenestrelle in Val Chisone. TO |
Intanto, all’indomani della
unificazione coatta, oltre 72.000 meridionali iscritti nelle liste di leva del
regno borbonico e in seguito nel neonato regno d’Italia, vennero chiamati a
prestare il sevizio militare. Fu un vero fallimento, su 72.000, solo 20.000
risposero alla chiamata alle armi gli altri si diedero alla macchia, per cui
furono dichiarati “briganti” e perseguiti a norma della legge del regno sabaudo
e in seguito anche per la legge del regno d’Italia, solo perché fedeli al Re
borbonico ed a cui avevano prestato giuramento. Alla luce di quanto su esposto
viene naturale chiedersi: era proprio necessario questo massacro di inaudite
proporzioni? L’esercito borbonico era ormai disciolto ed inesistente. Il Re
Francesco II era in esilio e senza alcuna speranza di ritorno. Quei pochi
briganti sopravvissuti allo stermino erano in prigione. Le popolazioni rurali
avevano visto esaurito ogni loro sentimento di restaurazione. Le forze
economiche del meridione erano solo un ricordo dei tempi passati. Tutto era
compiuto, perché infierire? Genocidio premeditato? O semplicemente barbarie? In
questi giorni, infuria la polemica su quanto siano veritieri questi fatti
storici, supportati da prove tangibili e di ricostruzioni storiche certosine e
laboriose a causa dell’occultamento di molte prove, come atti ufficiali e libri
risalenti ai fatti scritti in epoche pre-repubblicani. Quanto più fatti e voci
si levano per affermare una verità dolosamente occultata, tanto più viene messa
in dubbio e tacciata sotto la definizione di: invenzione storiografica e
mediatica, relegata in un angolo buio dal nuovo revisionismo storico, sempre
più aggressivo. Si può dire, senza timore di smentita, che il governo sabaudo fu
precursore del delitto contro l’umanità che fu la deportazione, la detenzione e
l’eccidio di tante persone innocenti e della sua copertura alle generazioni
future, avvenuto all’alba della nascita dell’Italia. Nessuna nascita di un
paese civile dovrebbe poggiare la base sul sangue innocente scorso a fiumi e su
l’occultamento scientifico di un periodo storico inumano, facendo in modo che
questi non lasci traccia e senza che se ne faccia menzione su alcun testo
storico.
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Targa commemorativa dei deportati caduti,posta nella piazza d'arme del forte. |