venerdì 16 marzo 2012

17 marzo: Lutto nazionale

Il 18 febbraio del 1861 viene convocata la prima seduta del Parlamento italiano. Un mese dopo, il 17 marzo dello stesso anno, Vittorio Emanuele II è incoronato primo Re d’Italia. Il 17 marzo va, senz’altro, ricordato come un giorno infausto per le genti del SUD. Il massacro si è compiuto, ma non definitivamente. Il fiume di sangue versato dai piemontesi, in nome di un’unità non chiesta ma imposta, aspetta ancora l’ondata di piena che di lì a poco andrà a verificarsi. In nome di un’unità vile e fraudolenta, bramata da pochi intellettuali, spariscono dalle cartine geografiche interi paesi e frazioni. Si riducono, drasticamente, le densità abitative di numerosissimi paesi. Tutto ciò per un fattore dovuto alla necessaria emigrazione di grandi masse popolari verso altre terre e verso altri …cieli. Il genocidio compiuto dal piemontese rimarrà indelebile sulla coscienza sua e della sua discendenza. Non si sopiscono le imploranti e strazianti voci di vecchi, donne e bambini invocanti pietà per il sanguinoso destino che li aspetta. Ancora si odono i crepitii delle fiamme che si alzano alte dalle case dei coloni, ancora si percepisce il fetore di morte ed il tonfo sordo di baionette che violentano i corpi degli inermi. Il barbaro piemontese, immeritatamente definito “Re galantuomo” e “Padre della patria” affida ai suoi macellai il compito di portare a termine la mattanza. Il SUD viene depredato, denudato e deriso e le sue industrie trasferite al nord. Quelle poche che sopravvivono vengono invase da novelli Unni, masse di operai del nord che si trasferiscono al SUD, mentre ai nostri lavoratori non resta altro che un posto di ponte su una nave che fa rotta per gli oceani del mondo o, in alternativa, una camera all’hotel “Fenestrelle”, lager savoiardo a 5 stelle accessoriato con grandi piscine di calce viva. Il mondo intero inorridisce mentre i figli di Savoia e di Albione affondano la lorda bocca nel fiero pasto. Tutto si è compiuto. Ma non è unità, è annessione a seguito d’invasione. Il vile monarca piemontese (prerogativa, questa, dei suoi discendenti) non si degna nemmeno di una dichiarazione di guerra. No, egli dall’alto della sua arroganza, attende che qualcuno gli serva il tutto su di un piatto, non d’argento, ma d’oro massiccio. Il nizzardo, pentito postumo, obbedisce ed il tradimento stende il suo tappeto rosso. Le grandi città del Regno delle Due Sicilie perdono il loro ruolo di catalizzatore di cultura e progresso ed assurgono a quello di colonie, da sfruttare prima ed abbandonare poi. Il 17 marzo del 1861 non si può parlare di unità d’Italia, ma di furto continuato e con destrezza. Pseudo intellettualoidi s’affannarono ieri, come oggi, a mistificare la realtà attraverso testi scolastici ed aedi prezzolati. Per loro sventura la risacca è più forte dell’onda che l’ha provocata ed i fragili castelli di carta cominciano a scricchiolare sotto i loro piedi. La storia va riscritta partendo dai fatti e non dalle mistificazioni chiuse negli improfanabili forzieri della vergogna. Per questi motivi noi, genti del SUD, non possiamo festeggiare il 17 marzo in quanto, lo stesso, rappresenta giornata di lutto nazionale. 

Nessun commento:

Posta un commento