martedì 27 marzo 2012

Divide et Impera

“Divide et impera” è una locuzione latina che tradotta letteralmente significa dividi e domina. Il potere, inteso in tutte le sue accezioni, tende a frazionare tutte le forze che a lui s’oppongono, al fine di evitare che queste si coalizzino e neutralizzino l’azione da imporre. Divide et impera è proprio l’azione intrapresa, da questo governo Monti, per la modifica del mercato del lavoro ed in particolare dell’articolo 18. L’enunciato “le aziende non investono in Italia in quanto non c’è flessibilità nel mondo del lavoro” è totalmente falsa e destituita di ogni fondamento. Camorra, malaffare, corruzione (ad ogni livello), concussione, contraffazione, mancanze d’infrastrutture e conflitti d’interesse non spaventano l’investitore estero, lo atterrisce il fatto che non può licenziare (quando vuole) qualche lavoratore per motivi “economici”. Ma cosa significa “motivo economico”? Ho letto da qualche parte che se un imprenditore compra un centralino elettronico, allora può licenziare “per motivi economici” lo sfortunato centralinista che, semmai, ha 20 anni di servizio, una moglie, tre figli in età scolastica ed un mutuo. Tralasciamo le sirene che vogliono un mercato del lavoro pronto ad accogliere il povero centralinista e vediamo cosa accade dopo il licenziamento. Il lavoratore ricorre al magistrato che, nella migliore delle ipotesi, obbliga il datore di lavoro a versare un’indennità monetaria al centralinista. L’imprenditore progressista, dopo un po’, s’accorge (guarda, guarda) che il centralino elettronico non è né funzionale né economico ed allora che fa? Assume un nuovo centralinista giovane ed a basso costo. Tutti felici? No, solo l’imprenditore. Il vecchio centralinista vivrà ancora 2 anni con la “cospicua” indennità e poi… poi sono cavoli suoi. Il nuovo centralinista sarà felice fino al momento in cui assumerà le fattezze del vecchio licenziato per “motivi economici”. Nel frattempo, però, il nuovo assunto osannerà oggi quel che maledirà domani. Da tutto ciò si potrebbe evincere che la modifica dell’articolo 18 va rigettata senza se e senza ma. Non è così, perché  entra in gioco il governo, cioè il potere. Quest’entità astratta, ma ben connotata negli interessi comuni, ammannisce i giovani facendo credere loro che la modifica dell’articolo 18 apre loro le porte al mondo del lavoro e, così, mi figlio mi dirà che per colpa mia, che non voglio la modifica, lui non potrà lavorare. Ma, se è vero che dire male è peccato ma spesso s’indovina, allora lancio una pietra nello stagno. “Motivo economico” può significare anche che non mi conviene “economicamente” tenere al lavoro un trentenne, meglio un diciottenne, costa meno. 

Nessun commento:

Posta un commento