venerdì 2 novembre 2012

Scuola pittorica di Posillipo


"Castel dell'Ovo dalla spiaggia" Anton Sminck van Pitloo.
"isola del liri" Raffaele Carelli.
"Sorrento" Giacinto Gigante.
Gabriele Smargiassi.
Nel 1820 nasceva a Napoli la scuola pittorica di Posillipo che, ancora oggi, identifica una corrente pittorica ricca di esponenti e con una collocazione precisa nell'arte mondiale. La storia identifica un genere inconfondibile, per disegno e colorazione, con il filone pittorico detto: "Scuola di Posillipo". L'archetipo dell'appellativo non nasce dalla scuola bensì da esponenti di questo genere di pittura come Antonio Pitloo, Giacinto Gigante, gli allievi Vincenzo Franceschini, Teodoro Duclère, Gabriele Smargiassi, nonché intere famiglie come quella dei Gigante con Giacinto, Achille, Ercole ed Emilia, quella dei  Fergola e quella dei Carelli, capeggiata dal capostipite Raffaele e dai figli Gabriele, Consalvo e Achille. La scuola di pittura di Posillipo, nasce dal vento del neoclassicismo che spira sulla penisola forte e impetuoso. Gli esponenti della corrente classica dell'epoca, usano l'appellativo “Posillipo” come dispregiativo. Essi, abituati alle opere classiche, non vedono di buon occhio quel concentrato di anticonformismo che è il genere pittorico di Posillipo. Lo ritengono un'accozzaglia di linee fuori prospettiva, macchie non delineate, imprecisioni e canoni prospettici fuori dalla logica dell'epoca. Dileggiano e bandiscono quella nuova ventata artistica che si fa strada dalla città partenopea. Finisce, invece, che quei piccoli capolavori fatti su supporti come carta,  cartone e talvolta su tavole rozze riciclate, pian-piano si affermano,  diventando diretta integrazione con la cultura napoletana presso l'aristocrazia e la corte. Quei paesaggi di una Campania fiorente e bucolica, talvolta sormontata da quel gigante non sempre addormentato del Vesuvio, rende la vita facile ai vari pittori, che non riescono a smaltire le committenze ricevute. Richieste di opere vengono anche dal fiorente movimento turistico che invade la Campania dell'epoca. I turisti s'innamorano del genere giudicandolo viva espressione di una cultura emergente e foriera di nuovi movimenti. Gli artisti non si accontentano di vendere il loro prodotto, di grande qualità. Essi cercano sbocchi diversi a quella loro arte nata dalla visione quasi onirica della terra che li ospita. Lo fanno cercando punti di collegamento con la pittura francese, con quella inglese o  viaggiando verso l'oriente al fine di sviluppare nuovi temi per le loro opere aumentando, di fatto, la loro presenza nelle mostre ed esposizioni in terra straniera. A quel punto, l’arte napoletana, prima in Italia, abbandona definitivamente i canoni del tardo-barocco e del classico caravaggesco introducendo l'accostamento verso la pittura "en plein air" (all'aria aperta). La scuola di Posillipo mutuando, anche,  l'influenza della pittura europea che arriva dai Costable, dai Turner, da Monet e dagli impressionisti francesi, fa risaltare quella luce, quei colori solari e quegli effetti cromatici che già allora erano "il marchio di fabbrica" della pittura napoletana,  "vestendo con quegli indumenti" i paesaggi più classici della pittura partenopea.

Bruno Carminio.

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