"Castel dell'Ovo dalla spiaggia" Anton Sminck van Pitloo. |
"isola del liri" Raffaele Carelli. |
"Sorrento" Giacinto Gigante. |
Gabriele Smargiassi. |
Nel 1820 nasceva a Napoli la
scuola pittorica di Posillipo che, ancora oggi, identifica una corrente
pittorica ricca di esponenti e con una collocazione precisa nell'arte mondiale.
La storia identifica un genere inconfondibile, per disegno e colorazione, con
il filone pittorico detto: "Scuola di Posillipo". L'archetipo
dell'appellativo non nasce dalla scuola bensì da esponenti di questo genere di
pittura come Antonio Pitloo, Giacinto Gigante, gli allievi Vincenzo
Franceschini, Teodoro Duclère, Gabriele Smargiassi, nonché intere famiglie come
quella dei Gigante con Giacinto, Achille, Ercole ed Emilia, quella dei Fergola e quella dei Carelli, capeggiata dal
capostipite Raffaele e dai figli Gabriele, Consalvo e Achille. La scuola di
pittura di Posillipo, nasce dal vento del neoclassicismo che spira sulla
penisola forte e impetuoso. Gli esponenti della corrente classica dell'epoca,
usano l'appellativo “Posillipo” come dispregiativo. Essi, abituati alle opere
classiche, non vedono di buon occhio quel concentrato di anticonformismo che è
il genere pittorico di Posillipo. Lo ritengono un'accozzaglia di linee fuori
prospettiva, macchie non delineate, imprecisioni e canoni prospettici fuori
dalla logica dell'epoca. Dileggiano e bandiscono quella nuova ventata artistica
che si fa strada dalla città partenopea. Finisce, invece, che quei piccoli
capolavori fatti su supporti come carta,
cartone e talvolta su tavole rozze riciclate, pian-piano si affermano, diventando diretta integrazione con la cultura
napoletana presso l'aristocrazia e la corte. Quei
paesaggi di una Campania fiorente e bucolica, talvolta sormontata da quel
gigante non sempre addormentato del Vesuvio, rende la vita facile ai vari
pittori, che non riescono a smaltire le committenze ricevute. Richieste di
opere vengono anche dal fiorente movimento turistico che invade la Campania
dell'epoca. I turisti s'innamorano del genere giudicandolo viva espressione di
una cultura emergente e foriera di nuovi movimenti. Gli artisti non si
accontentano di vendere il loro prodotto, di grande qualità. Essi cercano
sbocchi diversi a quella loro arte nata dalla visione quasi onirica della terra
che li ospita. Lo fanno cercando punti di collegamento con la pittura francese,
con quella inglese o viaggiando verso
l'oriente al fine di sviluppare nuovi temi per le loro opere aumentando, di
fatto, la loro presenza nelle mostre ed esposizioni in terra straniera. A quel
punto, l’arte napoletana, prima in Italia, abbandona definitivamente i canoni
del tardo-barocco e del classico caravaggesco introducendo l'accostamento verso
la pittura "en plein air" (all'aria aperta). La scuola di Posillipo mutuando,
anche, l'influenza della pittura europea
che arriva dai Costable, dai Turner, da Monet e dagli impressionisti francesi,
fa risaltare quella luce, quei colori solari e quegli effetti cromatici che già
allora erano "il marchio di fabbrica" della pittura napoletana, "vestendo con quegli indumenti" i
paesaggi più classici della pittura partenopea.
Bruno Carminio.
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