I cimiteri di Napoli: le 366 fosse
Prima
del 1762, a Napoli, le salme dei defunti
venivano sepolte in grandi fosse fuori dalle mura di cinta della città, mentre
reali e nobili trovavano la loro ultima dimora nelle chiese delle città. Dalla
seconda metà del XVII secolo, quando a Napoli imperversava la peste, i morti
trovavano riposo nell’ospedale degli Incurabili di Napoli, fortemente voluto da
Maria Lorenza Longo. I corpi di quegli sventurati venivano gettati in una fossa
sotto il complesso ospedaliero detta <<Piscina>>. Questo, però,
rendeva l’aria di quel sito alquanto malsana, per cui si cercò una soluzione al
problema. La Real Santa Casa degli Incurabili pensò di costruire un cimitero ad
uso della stessa. Si raccolsero circa 14370 ducati, di cui 4500 donati da
Ferdinando IV, 9300 dai Banchi pubblici e 570 da altri donatori, purtroppo non
bastavano e l’ospedale vi aggiunse la differenza di 26130 ducati. Nel 1762
l’architetto Ferdinando Fuga, su commissione di Ferdinando IV, costruì quello
che potrebbe definirsi il primo cimitero napoletano,
<<AFFINCHE’
LA CITTA’ IMMENSA E MOLTO POPOLOSA NON FOSSE DANNEGGIATA DALL’AMMASSO DI
CADAVERI CHE CONTIENE E QUINDI DALL’ASPIRAZIONE TOSSICA>>.
L’edificio
è posto alla fine di due ripide rampe e vi si accede tramite una grande porta
ad arco. Ai lati della porta vi sono due epigrafi del Mazzocchi; a destra
dell’uscio vi è scritto il motivo per cui è stato costruito ed anche le misure
dello spazio occupato, che sono di <<PEDES CCXXXVIII. IN AGRUM PEDES
CCLIX>>, cioè: 238 e 259 piedi (70,45 e 76,66 metri) e la data del 21
settembre del 1762; a sinistra i nomi di coloro che ordinarono la costruzione,
dell’architetto ed un invito alla pietà ed alla preghiera:
<<DIC
BONA VERBA ET ANIMIS PIE IN DOMO SANCAT VITA FUNCTORUM PRO TUA PIETATE BONA ET
SANCTA PRECARE.>>
Originariamente
l’ingresso era un portico ad archi con a destra una cappella decorata con un
dipinto ad olio di Antonio Pellegrino ed a sinistra l’Officina. Il chiostro
interno e di trecentodieci palmi (80,6 metri) per lato e nel quadrato si
trovano 360 fosse di questo cimitero che sono profonde 7 metri, larghe 4,20 e
coperte da grandi lastre di pietra vesuviana di circa 80 cm. per lato. Le
restanti 6 fosse erano all’interno del vestibolo. Attualmente le fosse sono
365, in quanto una è stata fagocitata dall’ampliamento della cappella posta
alla destra dell’entrata, nella quale si trovano 3 ossari. Quindi, una per ogni
giorno dell’anno più una per gli anni bisestili (corrispondente alla n. 60 e che
andava usata solo in tali anni). La struttura è statica ed interrata ed è
composta da 19 gallerie, parallele al corpo di fabbrica dell’ingresso, con una
volta a botte a tutto sesto. Il primo gennaio di ogni anno era scoperta una
fossa, nella quale erano depositati i morti di quel giorno, la sera la si
chiudeva ed il giorno dopo si apriva la seguente. La disposizione delle fosse è
di 19 file per 19 fosse ognuna, escluso la decima fila che ne contiene 18, poiché
non esiste quella centrale (punto d’intersezione degli assi di simmetria), al
posto della quale è collocato un lampione a gas ed il tombino dello smaltimento
delle acque piovane. La numerazione va da sinistra a destra dal numero 1 al 19,
nella seconda fila si va dal 20 al 38, ma da destra a sinistra e si procede
così fino alla fossa numero 360. All’inizio del nuovo anno si ripartiva dalla
fossa numero uno e si ripetevano le operazioni di cui sopra.
Nel
1871 vi fu un ampliamento di questo cimitero che mortificò la matematica
concezione del Fuga. Accadde che, su proposta dell’arciconfraternita di Santa
Maria del popolo, furono soppresse le sepolture nelle fosse da 361 a 366 (dal
26 al 31 dicembre) per cui non si rispettò più la cronologia. Le salme, fino al
1875, erano gettate dall’alto del piazzale e, questo, costituiva l’ultima ed
ennesima offesa alla vita del povero defunto. Nel 1875, però, una nobildonna che aveva perso la figliola,
non volendo che questa subisse l’umiliazione di essere gettata a mo’ di rifiuto,
fece costruire e donò, una macchina funebre capace di calare all’alto le
salme. Tale macchinario era composto
da un argano con una cassa di ferro col fondo apribile, in modo che il corpo fosse
calato sul fondo e rilasciato tramite una molla che apriva il fondo della
cassa. Quest’argano è ancora visibile all’interno del chiostro, sia pure molto
danneggiato e corroso dal tempo. Il cimitero del Tredici, comunemente detto
delle 366 fosse, restò in servizio fino al 1890, raccogliendo oltre due milioni
e mezzo di corpi. Attualmente non riceve più defunti e riversa in uno stato
fatiscente e bisognoso di restauro. Ultima cosa, i guardiani di questo
cimitero, dal 1762 ad oggi, appartengono alla stessa famiglia. Il nome di
questo cimitero si trasformò in TREDICI. Il nome <<Tredici>> si
deve ad una stortura della pronuncia di Lautrec. Odet de Foix, conte de Lautrec
e de Comminges, maresciallo di Francia (1511), conte di Foix, di Rethel e di
Beaufort, signore d'Orval, di Chaource, di Marais, Isles e Villemur (1485 - 15
agosto 1528). Figlio di Jean de Foix, visconte di Lautrec e Villemur,
governatore del Delfinato, e di Jeanne d'Aydie de Lescun; cavaliere di Saint
Michel, fu governatore della Guienna. Il
Lautrec fu un prode guerriero, ma più che altro è ricordato per la sua
inflessibilità e crudeltà, come un sanguinario. La strada della sua carriera fu
spianata dalla sorella Françoise, la contessa di Châteaubriant, favorita di
Francesco I di Francia. Finì che andò per suonare ma fu suonato, ecco come.
Nell’estate del 1558, inviato da Francesco I contro Carlo V, Lautrec giunse a
Napoli ed in breve tempo la cinse d’assedio. Il condottiero non si aspettava,
dalla città, una resistenza indomita, per cui gli assalti risultavano vani. Fu
quello il momento in cui, il francese, ebbe l’idea fulminante. Affamerò la
città, pensò, anzi meglio, l’asseterò. Così fece distruggere dai suoi le
condutture dell’acquedotto detto <<Della bolla>> che alimentava la
città. Abbiamo però detto che si era in estate, per questo motivo, il caldo ed
il terreno paludoso, in uno con le acque che dalle condutture si riversavano
nei terreni circostanti, diedero vita ad una dilagante pestilenza, che in breve
tempo uccise le truppe francesi ed il loro comandante Lautrec. Le spoglie
mortali dell’esercito e del francese furono ricoverate in una grotta di quel
luogo detta grotta dello sportiglione. In ricordo di questo fatto, i
napoletani, nomarono quel luogo Lotrecco o lotrevice che poi nel tempo cambiò
in tredici.
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